L’8 marzo del 1935 moriva a Tokyo, nel quartiere di Shibuya, il cane di razza Akita Inu, Hachikō. Era nato a Ōdate il 10 novembre 1923. Visse 12 anni e gli ultimi dieci li trascorse alla stazione ferroviaria aspettando inutilmente il suo padrone, il professor Hidesaburō Ueno, morto a  causa di un infarto mentre svolgeva una lezione all’università.

Tutte le mattine Hachikō accompagnava il suo padrone alla stazione, dove prendeva il treno per andare all’università e poi, la sera, ritornava ad aspettarlo. Continuò a farlo, anche se inutilmente, dopo il tragico evento, sino alla morte.

Era diventato il beniamino di tutto il vicinato che lo accudiva come poteva, commosso dall’atteggiamento di quella tenera bestiola: stava lì, con il freddo e con il caldo, anche sotto la neve e la pioggia battente, sicuro che prima o poi la sua attesa sarebbe stata ricompensata.

Quella di Hachikō rappresenta una fedeltà assoluta, inimmaginabile da paragonare a quella dell’uomo. E non è l’unico esempio che caratterizza la specie animale canina.

Sono trascorsi 86 anni dalla sua morte, e se la sua memoria è ancora viva, non solo tra la gente animalista, un motivo ci sarà. Vorremmo essere come lui? Se scendessimo di qualche gradino forse … chissà.

Ogni anno, l’8 marzo, davanti alla stazione di Shibuya, dove è stata eretta una statua in suo onore, viene celebrata con una apposita cerimonia, la memoria di questo oramai leggendario indimenticabile cane.

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